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Livorno, addio (R. Sciubba)

Livorno, addio

Maggio 1982

Questo libro è stato scritto in occasione dei festeggiamenti del primo centenario dell’Accademia Navale.
L'autore scrive: "Questo lavoro vuole esternare un'emozione che può provare un estraneo, cioè un non addetto ai lavori, nel momento in cui tenta, come si fa con i sogni proibiti, di vestire i panni di un Accademista della Marina".
L'autore ha scelto il corso "Invicti", quello di suo figlio, il  corso che pur essendo come tutti gli altri è allo stesso tempo profondamente diverso da tutti gli altri per la tremenda prova che ha dovuto superare.
Questo libro descrive con purezza di sentimenti la vita di un allievo ed è il ringraziamento di un padre all'Accademia Navale per aver saputo accogliere suo figlio ragazzo e restituirlo uomo.

Perché "LIVORNO ADDIO !"
E' l'addio a Livorno da parte dei neo "Guardiamarina" che hanno ultimato il Corso Normale e che, pur salutando la città, anche in maniera vivace, al termine della quarta classe, poi però vi ritornano spesso sfruttando qualsiasi valido pretesto.
Livorno, d'ora in avanti, sarà il punto di incontro della loro carriera e della loro vita.
E' un racconto immaginario, ma che esprime situazioni vere e comuni a tutti coloro che hanno condiviso la formazione all'Accademia Navale.
E' immaginario perché la narrazione dei quattro anni di Studi in Accademia Navale è sì scaturita dalla fantasia dell'autore, ma esprime situazioni reali in quanto alla base della narrazione ci sono i libri di bordo delle navigazioni sulla "Vespucci" e su diverse "navi grigie" del figlio e del Capocorso Giuseppe Cavo Dragone, protagonisti in prima persona delle vicende che vi sono narrate.